Muraglia, il Campione sempreverde

Pierfranco Muraglia, ex pilota professionista, nato a Caracas il 24 ottobre 1959, da sempre residente a Sanremo, è un ragazzaccio che a quasi 60 anni continua ad essere nel Gotha dell’Enduro, l’unico ligure che con Soreca porta avanti la tradizione.

Chicco per i più, è legatissimo alle sue tre donne, la moglie Paola, le figlie Martina e Micol, la più piccola ha 26 anni ed ha ereditato la passione da suo padre tanto che ora segue l’attività internazionale da Bergamo ove lavora per un team.

Lo incontriamo alla vigilia del suo ennesimo viaggio, questa volta non con il suo fidato T Max che lo ha spesso accompagnato ovunque, ma questa volta dovrà volare verso il Sudamerica dove è nato e dove condivide la “garra”, quella grinta tipica dei latinos.

La storia di un ragazzaccio ovviamente iniziata anzitempo, quando sei salito per la prima volta su una moto?

“A 12 anni, rubavo la moto a papà, mi ha beccato due volte lo stesso vigile prima senza la patente dei 14 poi dei 16, sempre due anni prima del dovuto, andavamo a pistonare a Coldirodi, avevo già spirito anarchico dentro.“

Era l’epoca che a Sanremo soprattutto le piccole cilindrate erano in auge.

”Eravamo i Numeri Uno, andavamo tutti, con tutto, ma certamente le cilindrate più piccole ci attiravano di più perché c’erano meno rivali.   E poi eravamo forti, una generazione, io, Alberti, Vernassa, De Carli; nella 80 c’erano meno partecipanti della 125 e quindi migliori risultati.   Con la ottavo di litro ho fatto, senza grande pathos, la ISDE 81 con la Gilera.”

Chi ti ha portato dentro all’agonismo?

”Il MC Sanremo aveva dirigenti validi, Brizio, Minazzo, e altri, poi come meccanico Nino Benso che spesso si innamorava di un pilota e faceva di tutto per farlo correre. Una gran brava persona. “

A Sanremo c’è sempre stato un forte dualismo tra Muraglia e Rossi, c’è una spiegazione o come per Bartali e Coppi politica, sport, costume?

”Non c’è una spiegazione sul perché lo stesso posto, io e Rossi abbiamo diviso le tifoserie, ognuno aveva i suoi amici e quindi chiaro che ci fosse rivalità.   Ma per un po’ ci siamo anche allenati insieme, è durato poco, ma è servito a tutti e due, poi chiaro che ci tiravamo la volata, il primo tempo che si chiedeva era quello del rivale di casa.“

Gli inizi come sono stati? Ti seguivano i tuoi genitori ? Come t’arrangiavi?

”Giusto come ora….mia madre mi portava alle gare con la moto sul tetto della 127, una SWM 50.   Poi appunto il gruppo storico, io con Vernassa & C. ci siamo attrezzati di carrello, andavamo a fare l’Italiano, siamo arrivati ad una finale che dovevamo vincere tre titoli, siamo tornati indietro tutti bastonati.   Ma che belli quei campionati, poi abbiamo fatto il salto da Senior.”

In pochi anni sei salito agli onori delle cronache sportive, ricordo una gara a Bavari dove “hai costretto” a correre tutti, sotto un diluvio, già da teenager eri tosto!

”Come fai a ricordartelo! Avevo una Puch 250, a Bavari, diluvio, tutti se la menavano per un po’ di fango.   A me la pista non piaceva, e non piace, sempre girare nello stesso verso non fa per me, io ho bisogno di spazi, ma se ci sono corro! Ci mancherebbe.”

Raccontaci i tuoi primi anni, scuderia, Moto Club, moto, ed i titoli nazionali ed internazionali, quando hai iniziato c’era ancora l’Europeo…..

”Beh sempre MC Sanremo, scuderie varie, poi tra le tante moto  Accossato, Kawasaki forse le migliori moto con cui ho corso nell’Enduro.   Anzi ho iniziato dalla Regolarità, poi l’Enduro ed infine i Motorally con l’Aprilia del team Rottigni; Titano, Sardegna, mi sarebbe piaciuto fare la Dakar ma ci volevano troppi soldi.   Così addio ai sogni, ma qualche anno fa ho fatto per divertimento il Faraoni con Pavone.”

Nel 1989 sei stato addirittura l’unico azzurro a vincere un titolo iridato, insomma hai salvato l’onore della patria ma “i bergamaschi” e la FMI non ti sono stati tanto riconoscenti quanto avresti meritato.

”Ho vinto l’Europeo, otto titoli nazionali nella 80, e nel 90 sono stato il primo italiano a vincere un mondiale, e quell’anno l’unico.   Non sono mai stato un leccaculo, sono come sono, ieri oggi e domani, quindi a parte amici e tifosi non sono mai stato troppo spinto, dalla FMI e dai suoi ambienti.”

Che rapporto hai avuto con le Sei giorni da concorrente?

”L’ISDE mi affascinava, lunga e tosta, ti dovevi arrangiare, me stesso insomma, la più bella in Svezia nel 1990 a Vasteras con un tirato da 70’!!!   Poi anche le Sei giorni sono diventate alla portata di tutti, le moto non si rompevano più e quindi l’interesse è scemato, per me ma credo anche per i più.”

Perché hai deciso di abbandonare le corse?

”Nel 93 ho iniziato ad avere minori risultati, ho provato il 125 nel 94, piano piano sempre più lontano dal podio e quindi ho deciso di smettere.   A dire il vero ho fatto ancora qualche Rally con Rigo e nel 97 gli Assoluti nella 80 ma ufficialmente ho smesso nel 95 facendo da ombra ad Ivan Boano.”

Tu nella vita facevi l’autotrasportatore ora fai il libero professionista, ma appena puoi fai “l’ombra”, la Numero Uno al mondo, come la consideri, un passatempo, una passione, un lavoro? Che importanza ha oggi il seguidore, tu come interpreti questo mestiere?…che un tempo era tanto richiesto tanto da far vincere anche qualche gara o salvare un ritiro certo.

”Di base è una passione, ho seguito tanti piloti e tutti con il coltello tra i denti per far dare a loro il massimo.   La mia virtù è l’improvvisazione, il sangue freddo, riesco in poco tempo a reagire a qualsiasi problema e così cerco di tramandare ai miei piloti.   Oggi però l’ombra è più uno stratega che un tutor e un meccanico esperto; come ho già detto le moto non si rompono più quindi i tagliandi nel bosco sono un lontano ricordo, ora rompi e ti fermi.   Quindi seguire un pilota ha un campo diverso e più vasto, consigliarlo in speciale, seguirlo ai controlli, informarlo.”

A detta di tutti sei l’ultima vera ombra perché i giovani non hanno imparato i trucchi del mestiere ed i vecchi ormai sono quasi tutti pensionati, che ne dici?   Proprio perché è più un lavoro di strategia che di cambiare pezzi di nascosto nei boschi, come sono mutati i piloti da quando hai intrapreso il mestiere di assistant rider?

”Il WWF ci proteggerà, io e Tullio Pellegrinelli forse siamo gli ultimi.    Giovani ombre non ce ne sono, anche perché appunto non ce ne è più bisogno in gara, oggi siamo più seguidores che ombre. Non so se sia una figura destinata a sparire ma certamente si modificherà.    Per ora i team importanti non ci rinunciano.”

Hai seguito tanti piloti, quali hai preferito, con chi ti sei più arrabbiato?, cosa ti fa andare in bestia?

”Jarno Boano il più bravo ma anche il peggiore, lo stimavo come pilota, lo stimo come manager e uomo, siamo ancora insieme dagli anni novanta, ma ogni tanto ci siamo anche ….. Pure suo fratello Ivan è stato un mio pupillo, Jarno uomo che si è creato con sacrificio, Ivan talento e sregolatezza, si può dire che hanno unito le mie virtù.    Di bravi ce ne sono stati anche altri, Jonny Aubert, Bradley Freeman; a me piace chi ascolta e capisce, mi fanno incazzare quelli che non ascoltano e fanno come vogliono. Una volta, e non dico il pilota, gli segnalai un passaggio, non passò di lì, il giro dopo non glielo segnalai e a fine gara mi chiese il perché…se non fai quello che ti indico……ci sono anche piloti che se fregano  e a me non vanno. “

Tu sei nato nella Regolarità, con il fil di ferro e le camere, oggi l’Enduro è diventato un po’ da fighetti, si rompe e ci si ferma, come vedi l’attuale Enduro?

”Nel 2018 le gare del mondiale mi sono piaciute, sono salite di livello salvo Arco.   La qualità c’è ma non il promoter.   Manca la comunicazione, questo Enduro dovrebbe distinguersi dai tanti altri sport, necessita di promozione, invece è anonimo.   E se ne vedono le conseguenze numericamente.“

WEC o WESS, si metteranno d’accordo o WESS, Red Bull & KTM/Husqvarna si mangeranno FIM Enduro GP WC?  Nella comparazione tra old time e oggi cosa salvi e cosa cambieresti? Quale format proporresti?

”Non saprei, l’Enduro ha tante anime, quindi non vale solo la mia opinione.   Forse non si metteranno d’accordo sinchè ci sarà l’attuale promotore, credo che sia lui la barriera, anche per questo KTM & Husqvarna si sono ritirate, non condividono marketing etc.   La qualità come detto c’è, a certe gare ci sono anche 80’ cronometrati, al contrario di gare classiche come la Trefle che ne ha avuto 45’ in tre giorni; mi ripeto, spesso le classiche sono gare a se e non andrebbero confuse nel mondiale come invece ha fatto WESS nella sua serie parallela.   La quantità spesso non va d’accordo con la qualità.”

Con il Team Boano tu hai portato alla ribalta Philippaerts, Soreca, Cavallo e tanti altri, come vedi il futuro dell’Italia enduristica?

”Non lo vedo, ma vedo cosa facciamo noi, lavoro, lavoro, lavoro, un piccolo team, ambiente familiare, fatti e non parole, l’academy di Caraglio è una valore aggiunto, i piloti abitano vicino alla sede della scuderia, una ricetta semplice, ma che ha prodotto titoli mondiali e nazionali.”

In Europa e nel mondo, tu che lo hai girato per davvero, cosa si sta muovendo, dopo tedeschi, italiani, svedesi e finlandesi, Peterhansel e Merriman, francesi e qualche spagnolo,  ora è la volta degli inglesi, cosa hanno di più e diverso?

”Gli inglesi oggi sono al Top perché hanno fame, quella fame che ti consente di non avere tante balle e di dare tutto anche di più per vincere e chiaramente vivere di questo sport; è capitato così per i finlandesi, gli australiani, gente che si adatta, ormai gli italiani sono fighetti, vanno forte, hanno tecnica, esempio ultimo i nostri titoli Youth e Junior, ma poi si fermano lì, mentre per salire in cima bisogna dare più di tutto.”

Prendendoti in giro, ma neanche troppo, spesso ti ho detto che per me saresti stato il miglior “Federale”.   Come mai non ti è mai stato proposto di seguire i giovani e non solo, non hai mai avuto a che fare con FMI?   C’è una ragione?   Sei ingombrante per FMI? In effetti tutti i migliori riders dopo aver abbandonato la maglia azzurra non hanno più rivestito la tuta…salvo alcuni Fiamme Oro.

”Forse sono stato ingombrante e lo resto perché dico quello che penso, allora ed oggi, e in certi ambienti questo non va bene.”

Buena suerte Chicco, dopodomani inizia l’ennesima Sei giorni, in Cile, la n.93, sempre meno epica, sempre più turistica, interessa solo quelle poche nazioni che si giocano Trofeo e Vaso, questa volta addirittura poco sopra i 400 partenti, senza la squadra di Trofeo della Finlandia, dell’Inghilterra addirittura che capeggia tutte le classifiche, dove andremo a finire?   Ha fatto flop anche il Vintage che tanto ha spinto la banda di Meiller & C.

Ma quel diavolo di Chicco è e resterà uno dei cardini di questo sport, questa volta dovrà badare ai tanti clienti Beta Boano che affittano la moto per l’Olimpiade del fuoristrada, forse l’appuntamento oggi più ambito dagli amatori, quelli che pagano e tengono su l’evento,  che dai campioni.

Buena suerte a lui ed a Davide Soreca, al quale è passato il testimone di Muraglia & Rossi, per mantenere alto l’onore della Riviera dei fiori.

Marco Marcellino

 

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